Il critico letterario Gaetano Drosi esalta la poetessa agnonese Rosanna Primizio per la sua prima raccolta “Parole di rose” fresca di stampa
E’ con immenso piacere che l’Università delle Generazioni comunica che il critico letterario Gaetano Drosi, ha voluto, di sua spontanea volontà, far pervenire alla poetessa agnonese Rosanna Primizio uno scritto sulla eccezionale validità della prima raccolta di poesie “Parole di Rose” ancora fresca di stampa, perché pubblicata pochi giorni fa, sabato 8 marzo 2025. Domenico Lanciano, curatore del volumetto, si dice assai compiaciuto per il lusinghiero parere di una così alta personalità letteraria, che ringrazia per il nobile gesto di incoraggiamento della signora Primizio.
Ecco, perciò, il testo di Gaetano Drosi, appena arrivato e che riporta la data proprio di lunedì 17 marzo 2025.
Pregiatissima Università delle Generazioni Editrice, ho letto − dal file Pdf allegato alla Lettera a Tito n. 599 − la raccolta Parole di Rose di Rosanna Primizio, che il figlio Giovanni, con felice espressione, ha definito «frammenti di vita, pensieri che si sono fatti parola nel silenzio dei giorni». Una poesia densa di interiore spiritualità, la sua, orante e invocante, ma nel contempo affidante e interpellante dinnanzi al Creato, ove nessun elemento è inutile o superfluo. Così io la definirei, utilizzando e in una fondendo le due predette locuzioni nella loro positiva e non “ghettizzante” accezione. Sono questi i caratteri peculiari della poetica dell’Autrice che per ora si evincono attraverso un sommario esame delle liriche di questa prima silloge, pubblicata sotto la vostra sapiente e non prevaricante curatela, nella quale ella riconosce che ogni cosa concorre alla «sublime bellezza», che «riluce nel […] cuore e s’inchina al gioco santo della vita», della quale piange i «petali arsi», «brulicanti e crocefissi di legno duro di mie viscere».
È un modo, questo prescelto da Rosanna Primizio, di esprimere la Fede e di soddisfare il bisogno di affidarsi e affidare le proprie umane fragilità dinnanzi alle asperità e alla fatica del vivere e a quelle tante domande che rimangono senza risposta terrena, che non è sentimentalismo, ritualismo o miracolismo. Qual «dolce rifugio di tenere manine / che afferrano le spine / dei […] roseti in fiore», è per lei strumento attraverso il quale manifestare gratitudine per essere ammessa a godere, nella quotidianità della vita e delle sue stagioni di «Tormento ed estasi», dei tanti avvolgenti e avvincenti misteri, respirando «il dolore di ogni foglia calpestata, di ogni gemito di fiore che muore e non vuole morire».
La poesia che si fa preghiera ha illustri autori, lontani e vicini, ad iniziare da Francesco d’Assisi, passando per Dante e Petrarca, fino all’avvento di fior di poeti a noi più contemporanei. Un esempio di alta e particolare versificazione orante, invocante e affidante − ma anche, a volte, ispirata e pervasa dall’insolutezza del dubbio lacerante − più vicino al nostro tempo, io l’ho trovato nel ricchissimo volume “Voce di carne e di anima” che raccoglie alcune delle poesie contenute nelle più importanti raccolte di Alda Merini su argomenti come: Corpo d’amore, con l’enigma di Gesù e del suo messaggio rivoluzionario; il Magnificat, con al centro una Vergine Maria fragile e umanissima di fronte al mistero della divinità del figlio; La carne degli angeli, in cui si esprime il mistero delle presenze angeliche; il Poema della croce, in cui si dipana il teatro della crocifissione; il Cantico dei Vangeli, in cui Pietro, Giovanni, Giuda, Pilato, Maria Maddalena intessono con Gesù un dialogo intenso; Francesco, un monologo che è a un tempo confessione e preghiera; il conclusivo Eternamente vivo.
Invece, una completa disamina di una tale poetica si rinviene, stando alle sue recensioni, nel recente libro di Erminia Ardissimo. È questa un’indagine divisa in quattro grandi parti: 1- le origini con il Cantico di san Francesco, la lauda di Jacopone, i «devoti prieghi» di Dante, i salmi e le preci di Petrarca (in particolare «Vergine bella, che di sol vestita»); 2- la rinascita che vede al centro del dibattito Gabriele Fiamma, Vittoria Colonna, Chiara Matraini e il rosario di Francesca Turini Bufalini; 3 – il periodo che va dal barocco all’Ottocento con le Rime sacre del Tasso, le Divozioni del Marino, le canzoncine spirituali di Alfonso de’ Liguori, «Manzoni e dintorni» (Tommaseo, Porta, Belli); 4 – infine la modernità («La preghiera nell’età della morte di Dio») snocciolata dal quadrilatero Ungaretti, Caproni, Giudici e Merini.
A fronte di tanti autorevoli precedenti, da altri finemente analizzati e commentati, è da lodare il coraggio di Rosanna Primizio per aver scelto − forse in maniera del tutto inconsapevole − di tessere un’intera raccolta intrecciando la trama dei singoli componimenti con il medesimo filo conduttore. Ma la vera audacia sta nell’essersi messa “intimamente a nudo”, senza scadere nell’odiosa ripetitività, «con lo stupore di un giglio puro / che anela alla verde terra», in attesa del «bacio della neve candida / che brucia le […] paure infette». Nel senso che precede i suoi versi sono sicuramente anche la «celebrazione della sua passione per la scrittura e del suo coraggio nel condividere con il mondo la sua visione unica della vita» e consentono a chi li legge di «scoprire il suo cuore e la sua anima», in cui albergano «stradine polverose e anche […] pietre preziose».
Credo quindi, concludendo questa breve analisi, che si possa tranquillamente affermare che sono petali dello stesso fiore i componimenti che Poesie di Rose concorrono a formare, tenendo fermo il principio che pur nelle più pregiate varietà l’omogeneità non è un valore assoluto, anzi è la diversità che rende unici come «pietre di segreti mondi».