Fede e azioni per un mondo migliore: le riflessioni di D’Alessandro

5

Antonio D'AlessandroCAMPOBASSO – “Gli ultimi giorni di San Pietro a Roma sono un simbolo eterno di fede e sacrificio. Consapevole del pericolo imminente, Pietro scelse di non fuggire, ma di affrontare il martirio con coraggio. La tradizione narra che, mentre lasciava Roma per sfuggire alla persecuzione, incontrò Cristo sulla via Appia. Alla domanda “Quo vadis, Domine?” (Dove vai, Signore?), Gesù rispose che stava andando a Roma per essere crocifisso nuovamente. Questo incontro spinse Pietro a tornare indietro, accettando il suo destino con amore per la comunità e la fede. Crocifisso a testa in giù, Pietro dimostrò che la fede può trionfare anche nelle tenebre più profonde, gettando le basi per la Chiesa.

Allo stesso modo, Papa Francesco ha incarnato un messaggio di umiltà e servizio. Nonostante la fragilità fisica che avrebbe potuto spingerlo a ritirarsi, ha scelto di stare tra la gente, portando conforto e speranza. Il suo gesto non è stato un martirio fisico, ma una dimostrazione eroica di amore e dedizione. La sua predicazione instancabile sulla pace e il disarmo è stata un richiamo universale che ha attraversato confini e cuori, rinnovando il messaggio cristiano di compassione.

Tuttavia, oggi, ci troviamo davanti a una stridente incongruenza: 200 capi di Stato si riuniscono per rendere omaggio al Papa che ha dedicato la sua vita a implorare la pace, mentre discutono di come aumentare le spese per gli armamenti. Questo non è solo un paradosso, ma un insulto alla memoria di chi ha pregato per disarmare il mondo e avvicinarlo alla pace. È una celebrazione che rischia di tradire la sostanza del messaggio di Papa Francesco, relegandolo a una mera formalità.

Il vero omaggio al Papa non dovrebbe essere una cerimonia solenne, ma un cambio di rotta deciso e tangibile. Non servono discorsi vuoti o gesti di facciata. Il miglior tributo sarebbe un impegno concreto da parte di chi detiene il potere: bloccare la corsa agli armamenti, abbracciare il disarmo come unico sentiero verso la pace. Ogni altra scelta non sarebbe solo incoerente, ma profondamente ipocrita.

Come il sacrificio di San Pietro ha gettato le basi della Chiesa, così l’eredità di Papa Francesco rappresenta un’opportunità unica per gettare le fondamenta di un mondo migliore. La pace non è un ideale da celebrare con vuoti cerimoniali, ma una responsabilità da assumere. È tempo che le parole si trasformino in azioni, perché solo così potremo realmente onorare il suo straordinario insegnamento.

Il vero miracolo non si realizzerà semplicemente durante il funerale di Papa Francesco con cerimonie solenni o discorsi di circostanza, ma nella riflessione che tutti i capi di Stato potranno fare quel giorno. Se anche solo per un momento considerassero l’opportunità del disarmo totale, sarebbe un segno tangibile di speranza e pace per il mondo intero. L’eredità di Francesco merita azioni concrete, non solo parole. Un mondo senza armi potrebbe essere il miracolo più grande di tutti” è la nota di Antonio D’Alessandro Slp Cisl Campobasso.