Questo non è il racconto di uno che ce l’ha fatta. É solo la storia di un bambino, molisano, che per qualche anno assaporò il “sogno americano”. Della sua tragica vicenda, che commosse gli Stati Uniti, in Italia non giunse neppure l’eco. Oggi la vogliamo riproporre quale omaggio a lui e a quelli che come lui, purtroppo, conobbero solo il lato più doloroso della emigrazione.
CERCEMAGGIORE (CB) – Vincenzo “James” D’Uva nacque nel 1916 a Cercemaggiore (CB), all’epoca provincia di Benevento, dal “calzolaio” Francesco “ (nato il 7 dicembre del 1862) e dalla “cucitrice” Angela La Porta (nata il 15 settembre del 1880). I genitori di Vincenzo, entrambi di Cercemaggiore, si sposarono il 3 luglio del 1899.
Dal loro matrimonio arrivarono sei figli: Louisa, Frank, Mary, Ellen, Michael e per ultimo Vincenzo. La famiglia arrivò ad “Ellis Island” nel 1923 dopo aver attraversato l’oceano sul piroscafo “Guglielmo Peirce”. Non è chiaro che fine abbia poi fatto papà Francesco. Sta di fatto che ritroveremo “mamma” Angela sposata con l’italo-americano John Ponte.
Da quest’ultimo matrimonio arrivarono, probabilmente, altri bambini. Ma la storia che vogliamo riportare e quella del piccolo Vincenzo (negli Stati Uniti divenne Vincent “James”). Il 27 giugno del 1925, era un sabato, per il bambino molisano si tradusse in tragedia. Il piccolo, aveva solo nove anni, e come spesso gli capitava si recò nel bellissimo “Lakewood Park”. L’ultimo a vederlo fu John Bartley, il “barcaiolo” del lago il quale gli rifiutò, vista la giovanissima età, l’utilizzo di una barca.
Il bambino ci rimase male e si allontanò. Probabilmente si diresse, costeggiando la riva del laghetto, verso la diga. Ma da quel momento di lui si persero le tracce. Lo attesero inutilmente al n.1379 di North Main Street. I genitori allarmati allertarono la polizia e si recarono, sapendo che quella era la meta preferita del piccolo, verso il parco. La testimonianza del “barcaiolo” fu determinante per cercare Vincent “James” nella vicinanze della diga. Purtroppo del bambino nessuna traccia.
Iniziarono subito le ricerche e soprattutto si scandagliarono i fondali del laghetto. Per ore si temette un rapimento da parte di qualche maniaco. Poi durante la notte fu proprio John Bartley, “ il barcaiolo”, a recuperare il corpicino, senza vita, del ragazzino molisano. Il responsabile della polizia locale ipotizzò che Vincent “James” fosse scivolato mentre passeggiava sul bordo della diga e caduto in acqua.
Il medico legale Dott. A. Crane scartò ogni altra possibilità e confermò la morte per annegamento. Così finì, tragicamente, la vita di quel bambino. La città di Waterbury si strinse solidale accanto alla povera famiglia italo-americana. L’intero Connecticut si commosse per la sua morte. Il giornale che titolò “Body of Little James Duva Found in Lakewood Pond” lanciò una sottoscrizione in favore della famiglia. Ai funerali di Vincent “James”, si tennero nella “Church of our Lady of Lourdes” di Waterbury, parteciparono migliaia di persone.
A cura di Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”