Con la sua famiglia partì da Agnone per gli Stati Uniti nel 1871 (un’altra fonte parla del 1880)
AGNONE – Adelina Saulino nacque ad Agnone da Vincenzo e Maria nel 1869. Il padre decise di emigrare verso gli Stati Uniti nel 1871 (un’altra fonte parla del 1880). Dopo qualche anno Vincenzo, oramai “Vincent”, decise di aprire un ristorante italiano a Manhattan e precisamente all’angolo tra le vie Lafayette e Spring Streets.
Il ristorante ebbe un notevole successo tra gli italo-americani e non solo. Vincent faceva giungere dalla sua terra i prodotti tipici e il suo “caciocavallo di Agnone” era richiestissimo. Clienti del locale furono politici, sacerdoti ed imprenditori. Era il mese di novembre del 1906 e Joe Petrosino era stato nominato tenente (il primo italiano ad essere nominato ufficiale della polizia americana).
Un evento da festeggiare e allora il Generale di Brigata e Capo della polizia newyorkese Theodore Bingham, cliente affezionato del “Saulino’s Restaurant”, invitò Joe Petrosino nel suo locale preferito. Joe Petrosino a quel tempo stava conducendo una coraggiosa e pericolosissima guerra contro la “Mano Nera”.
I giornali quotidianamente riportavano notizie sulle sue gesta. Il poliziotto italiano rimase conquistato dalla cucina dei Saulino e divenne, da quel giorno, un cliente fisso. Joe era solito telefonare per avvertire del suo arrivo e scegliere il menù. Poi, trovata la tavola già imbandita, mangiava in fretta e subito tornava al lavoro. Ma dopo qualche tempo la sua fretta sparì. Un giorno incrociò lo sguardo con la figlia del proprietario del ristorante, Adelina, e ne rimase conquistato.
Adelina era rimasta vedova, da poco, di Edward Vinti con il quale non aveva avuto figli. Ancora qualche pranzo e qualche languido sguardo e anche la donna subì il fascino di Joe. Proprio all’interno del “Saulino’s Restaurant” Petrosino trovò il coraggio di dichiararsi. Il consenso di Adelina arrivò con un cenno della testa. In seguito Joe gli disse “Sei convita di sposarmi ? Io rischio la vita ogni giorno e dopo la rischierai anche tu ”. La coraggiosa donna molisana gli rispose “Sono orgogliosa di quello che fai e proprio per questo voglio esserti vicino ogni giorno della mia vita”. Qualche mese dopo, la prima domenica del 1907, i due si sposarono nella “St. Patrick’s Old Cathedral”.
Il pranzo venne offerto nel ristorante del padre della sposa. Solo dopo la coppia raggiunse l’appartamento di quattro stanze, al 233 di Lafayette street, preso in affitto. Nessuna luna di miele. Petrosino aveva troppo da lavorare. Il 30 novembre del 1908 arrivò Adelina (alla bimba furono dati anche i nomi di Bianca e Giuseppina). I duri colpi inferti dal poliziotto alla Mafia avevano fatto aumentare le lettere di minacce nei confronti di Joe e della sua famiglia. Adelina, anche lei coraggiosa, non fece mai mancare l’appoggio al marito. Si limitava a chiedergli di stare attento.
Ma alle amiche confidò: “Vivo quotidianamente nel terrore”. Poi il 9 febbraio del 1909 sulle tracce del “padrino dei padrini” Petrosino partì per Palermo. L’abbraccio tra i due fu interminabile quasi sapessero che sarebbe stato per loro, purtroppo, l’ultimo. Arrivarono dall’Italia diverse lettere di Joe per la sua amata che scrisse anche al suo caro amico e capo Theodore Bingham raccomandandogli la famiglia nel caso gli fosse accaduto qualcosa. Poi il 12 marzo 1909 a Palermo tre colpi di pistola sparati in rapida successione e un quarto sparato subito dopo posero fine alla coraggiosa esistenza di Joe Petrosino.
L’irriducibile nemico della malavita italiana trapiantata negli Stati Uniti era morto. In America il primo giornale a pubblicare la notizia fu il “New York Herald”. Un reporter del giornale bussò alla porta di Adelina Petrosino che gli aprì con in braccio la bambina di tre mesi. Il giornalista le chiese notizie di suo marito ma lei che non sapeva nulla quasi urlando disse : “Lo hanno ucciso?”. Il reporter, per non allarmarla, gli rispose che era solo ferito. Qualche ora dopo venne a conoscenza della tragica verità. Il giorno dei funerali in ogni ufficio pubblico di New York fu esposta la bandiera a mezz’asta. Dietro al carro Adelina la vedova e ancora dietro circa 200.000 persone.
La manifestazione durò cinque ore e mezzo, e per tutto questo tempo il centro di New York rimase paralizzato. Nel cimitero del Calvario fu posto un monumento con la scritta: “Eretto da Adelina Petrosino in memoria dell’amato marito Joseph Petrosino”. Dopo qualche tempo si venne a sapere che il poliziotto era morto povero. La città di New York si mostrò assai generosa. Attraverso una sottoscrizione pubblica furono raccolti diecimila dollari e il consiglio comunale della città deliberò un assegno annuo di mille dollari in favore della moglie.
Purtroppo la povera vedova non ricevette in quei giorni soltanto manifestazioni di solidarietà. Arrivarono anche molte lettere da parte della Mano Nera nelle quali venivano rivolte oscure minacce a lei e alla sua bambina. Adelina decise di abbandonare la casa nella quale aveva vissuto con suo marito. La vedova di Joe Petrosino morì nel 1957. Nello sceneggiato televisivo “Joe Petrosino”, prodotto dalla Rai nel 1972, il ruolo di Adelina fu interpretato dall’attrice Maria Fiore.
A cura di Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”