Con una vasta esposizione dei propri prodotti, gli imprenditori hanno voluto dimostrare con i fatti l’insensatezza della norma prevista dal Ddl Sicurezza che minaccia la sopravvivenza delle loro aziende. Il decreto, nella sua formulazione attuale, rischia infatti di azzerare immotivatamente una filiera che vale mezzo miliardo di euro, con tremila aziende agricole e trentamila posti di lavoro e un peso rilevante sull’innovazione green e sul rilancio delle zone interne.
La coltivazione della canapa, oggi quasi completamente scomparsa in Molise, potrebbe consentire di rimettere in produzione terreni, specie delle aree interne, lasciati incolti, richiedendo questa una quantità di acqua inferiore rispetto ad altre colture ed essendo adatta ad una molteplicità di impieghi che spaziano dall’uso alimentare a quello cosmetico fino alla bioedilizia.
Al termine dell’incontro De Carlo ha dichiarato la propria disponibilità ad aprire un tavolo con Coldiretti e Ici per analizzare dal punto di vista tecnico la questione. “Il mio impegno è riuscire a capire e far capire come coniugare la posizione ferma governo verso chi ha abusato della legge 242 del 2016 con le legittime aspettative di chi ha investito in un settore che è parte da sempre dell’agricoltura italiana – ha spiegato il senatore – Ci batteremo per trovare un punto di caduta che consenta agli agricoltori italiani di continuare a fare la propria attività e al Governo di impedire che qualcuno strumentalizzi il lavoro straordinario di migliaia di giovani per aggirare le leggi dello stato e quelle europee”.
“Serve lungimiranza per dare continuità alle tremila imprese agricole che coltivano canapa, continuando sulle indicazioni chiare del passato e creare le condizioni perché vengano rispettate le normative europee – ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – Quel che è certo è che non lasceremo soli i nostri imprenditori di canapa, a costo di arrivare nelle sedi giudiziarie poiché non possiamo permetterci di cancellare i sogni e gli investimenti di tanti giovani che su questo settore hanno scommesso il proprio futuro, costringendoli a chiudere le attività”.
Dalla pasta alle creme, fino ai mattoni di canapa sono molti i prodotti che rischiano di scomparire a causa di una disposizione contenuta nell’articolo 18 del disegno di legge n. 1236 che vieta “importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa (Cannabis sativa L.), anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati”.
Bocciare l’uso delle infiorescenze anche se non destinate all’uso ricreativo va di fatto – spiega Coldiretti – ad equiparare la canapa a una sostanza illegale, nonostante l’assenza di effetti psicotropi e stupefacenti grazie ad un livello di thc inferiore allo 0,3%. Non a caso, oggi non è reato coltivare e lavorare le inflorescenze della canapa, trasportarle e commercializzarle, né usarle per produrre estratti e oli.
Considerato che proprio la lavorazione delle infiorescenze rappresenta poi la parte più “pesante” del reddito dei produttori di canapa, vietarne l’utilizzo significa – sottolinea Coldiretti – cancellare definitivamente anche tutti gli altri usi in una filiera già importante per l’agricoltura italiana ma dalle incredibili potenzialità. Con il paradosso che nel nostro Paese sarebbe invece permessa la vendita degli stessi prodotti provenienti dall’estero.
La canapa viene oggi già usata nell’alimentare, con la produzione di olio, semi, farine, pasta, biscotti dolci etc., e nella cosmetica con creme viso e mani, scrub, shampoo e balsamo, abbronzanti e doposole, con varie proprietà anti-age, antisettiche e antiinfiammatorie. Ma permette anche di ottenere carta, risparmiando sull’uso di prodotti a base di cloro necessari per sbiancare quella tradizionale ricavata dagli alberi, mattoni e pannelli antisismici per la bioedilizia; imbottiture delle portiere, tettucci per le carrozzerie delle auto: bioplastiche, dalle pentole ai pannolini; biocarburanti; persino batterie per veicoli elettrici. Una filiera che nel giro dei prossimi cinque anni potrebbe raggiungere un valore di 8 miliardi di euro.
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