I consigli dell’Arma dei Carabinieri ai consumatori

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I consigli dell’Arma dei Carabinieri ai consumatori

Sono raccolti in un opuscolo pubblicato con la rivista “Il Carabiniere”, in distribuzione a tutti i Comandi Stazione

Il 2018 è stato proclamato Anno nazionale del cibo italiano. L’iniziativa, voluta dai Ministeri delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, intende promuovere uno dei settori principali del made in Italy e sottolineare, con ancor più evidenza, l’importanza di fornire ai consumatori prodotti sicuri sotto l’aspetto igienico e di provenienza certa.

Il tema dell’alimentazione è collegato a quello della salute e pertanto la sicurezza alimentare è un traguardo da raggiungere attraverso l’impegno sia dell’intera filiera produttiva, chiamata al rispetto di una normativa complessa e scrupolosa, sia dei consumatori nella scelta attenta e consapevole di che cosa portare a tavola, ma anche, non da ultimo, da affidare all’azione costante degli organi preposti al controllo”.

Inizia così il discorso ufficiale di Giovanni Nistri, Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, che introduce l’inserto di giugno della rivista “Il Carabiniere”. L’opuscolo è ora in distribuzione anche presso tutte le Stazioni dei Carabinieri in provincia di Isernia, dove i cittadini possono recarsi per chiedere tutte le informazioni necessarie. Di seguito si riepilogano alcuni consigli contenuti nell’inserto:

Occhio all’etichetta

Qualche consiglio per una maggior confidenza con le indicazioni presenti sui prodotti alimentari. Importanti da consultare per scegliere con sicurezza i cibi che portiamo ogni giorno sulla nostra tavola. La potremmo definire il bestseller della nostra tavola, una lettura più che consigliabile a cui non rinunciare assolutamente: perché se è vero che noi “siamo ciò che mangiamo è anche vero che ogni prodotto si racconta, ci fornisce la sua storia permettendoci di conoscerlo ed interpretarlo. In altre parole, di far nostra la sua tracciabilità. E lo fa con quella carta d’identità che l’esterofilo chiama label ma i più semplicemente etichetta.

Chi è che non sa che quando si acquista un alimento va fatta attenzione a come ci viene proposto, a come è conservato, a come si presenta se confezionato? Scontato (ma non troppo) che la confezione debba essere integra, mai ammaccata, non presentare rigonfiamenti più o meno sospetti e, se si tratta di tappi metallici, che non devono mai “cliccare” premendoli. E se il buon senso suggerisce l’attenzione alle modalità di trasporto, sarà però l’etichetta a darci le informazioni imprescindibili. È sull’etichetta che possiamo, e dobbiamo, trovare tutte le indicazioni che ci interessano: dal marchio dell’alimento a ciò che lo individua secondo la tradizione agroalimentare.

Obblighi e preferenze

Fondamentale, perciò, che sul prodotto l’etichetta ci sia. Sempre. Che si tratti della comune striscetta incollata o stampata sui contenitori degli alimenti, o che più elegantemente oscilli appesa a quei contenitori (con la sola attenzione che sia dovutamente fermata), ma non soltanto. Se infatti dall’ortofrutta, dove il prodotto è venduto non confezionato, per essa si intende il cartellino del prezzo che campeggia sulla “cassetta”, in una pasticceria ciò che viene utilizzato per produrre idolo in vendita va indicato nel “libro degli ingredienti”; obbligatoriamente a disposizione del cliente. Con il nome dell’alimento e il suo prezzo, l’ortofrutta dovrà indicare sul cartellino il luogo dove il prodotto è stato raccolto e la categoria; mentre il produttore di uova, giacché esse possono venire acquistate anche singolarmente, oltre alle indicazioni sulla scatola che le contiene, dovrà stampare sul loro guscio la corrispondente striscia alfanumerica (che riporta tra l’altro Paese di produzione e tipo di allevamento), e insieme la data di scadenza.

Prima segnalazione obbligatoria, la fatidica data di scadenza. Che possiamo trovare indicata con due diverse modalità: “da consumarsi preferibilmente entro” o semplicemente “entro”. La prima specifica la data entro cui ci viene garantito il mantenimento delle caratteristiche e delle qualità dell’alimento, anche se il suo consumo può continuare senza particolari controindicazioni; la seconda invece dà una scadenza vera e propria. Attenzione! Oltre quel giorno l’azienda non risponde più del prodotto, i suoi processi degenerativi potrebbero essersi avviati. E se, vista la loro caratteristica, queste informazioni non sono obbligatorie né necessarie nei vini, nell’aceto, nei superalcolici, come nel sale da cucina e nello zucchero, esse diventano invece essenziali per i prodotti preconfezionati, e/o per quelli che per la loro conservazione hanno subito un trattamento di “freddo sottozero” (congelati a una temperatura tra i -7 e i -18 gradi, o surgelati, portandoli cioè rapidamente ai – 18). A riguardo dovreste sempre poter contare su un’altra indicazione, seppure approssimativa, sul come trattare questi alimenti (ad esempio, “consumare previa cottura”).

Al primo sguardo

Altra segnalazione obbligatoria, per quanto rispettata con “qualche” difficoltà, è che l’etichetta, indelebile, deve essere chiara, curata nella leggibilità e nella comprensione. Non parlate le lingue straniere? Nessun problema. Sulla confezione va riportata la traduzione in italiano. Denominazioni di vendita, quantità e data di scadenza devono tutte figurare nello stesso “campo visivo”: quello più esposto allo sguardo del consumatore in procinto di effettuare l’acquisto. Né si deve essere costretti a rintracciare sui diversi lati del contenitore le altre informazioni utili: quantità netta del prodotto (peso sgocciolato, ad esempio, nei latticini), ingredienti e additivi; oltre, nel caso, all’indicazione OGM: organismo geneticamente modificato, in molti casi consentito dalla legge. Se invece l’alimento appartiene alla filiera di agricoltura biologica, dovrete trovare i codici dei certificatori.

Scoperte e garanzie

Saper leggere un’etichetta è importante. Consente, tra l’altro, di non equivocare: molti sono i prodotti che possono venire confusi tra loro, anche a causa di abili giochi di parole. Così, se cerchiamo un alimento privo di zucchero, sarà l’etichetta a consentirci di “scoprire” che quello di canna, il fruttosio, o il saccarosio vi sono comunque presenti. E se vogliamo una passata di pomodoro, ci potrà dare conferma che si tratta di “spremiture di frutti freschi” e non congelati. Come che i “pelati; di regola “freschi e maturi”, non abbiano aggiunta di concentrato di pomodoro, che invece viene ricavato anche con frutti conservati.

Parlando di pesce, l’etichetta ci indicherà come e dove esso è stato pescato o allevato: nel Mediterraneo o nel freddo Mare del Nord? Le superfici marine sono state suddivise in zone e ognuna è contraddistinta da una sigla identificativa. Idem per la carne. Ma una particolare attenzione dobbiamo comunque darla ai bovini. Obbligo di segnalarne il Paese di nascita e i luoghi di allevamento, con i codici che individuano il macello e il sezionatore. Informazioni divenute più che importanti per noi consumatori a seguito di alcuni scandali riferiti all’alimentazione forzata degli animali, alla carne gonfiata, o a patologie legate a problemi igienici, come nel caso della “mucca pazza”. Da sottolineare che in quanto ad efficienza e affidabilità le strutture veterinarie dì controllo italiane sono riconosciute a livello internazionale.

E se tra le molte altre opportunità offerteci dalla lettura dell’etichetta va senza dubbio ricordata quella delle acque minerali che, con l’indicazione dei loro 48 diversi parametri (in primis la stima dei sali minerali, per noi fondamentali), è tra le più complete presenti sul mercato, non meno essenziale è quella del pane (che può essere venduto, oltre che sfuso, preconfezionato o preincartato) e del latte (in bottiglia o inscatolato): alimenti proposti in moltissime varianti, se confezionati non possono mai prescindere dalla segnalazione della data di scadenza e delle caratteristiche. Così, se per il pane troveremo la specifica di un’eventuale assenza di ingredienti previsti per legge (come il sale), del latte ci viene segnalato il luogo d’origine o il Paese dove è stato munto, insieme a quelli dove è stato condizionato e dove è avvenuta l’eventuale trasformazione.

Sigle e simboli

Vale soffermarci, infine, sull’etichettatura di due prodotti principi della tavola italiana: l’olio e il vino. In quanto di qualità superiore, sono da preferire nella scelta quelli che riportano una delle sigle accettate a livello europeo: Doc, DocG, DoP, e IGT. E se la sigla IGT (Indicazione geografica tipica) si riferisce al prodotto di una zona specifica e riconosciuta, e la troverete sia nello scaffale del vino come in quello dell’olio, le altre denominazioni indicano di essere “controllate” o “controllate e garantite” in riferimento al vino e “protette” per l’olio.

Le aziende sono infatti legate ad uno specifico regolamento per ottenere quel vino o quell’olio. Indicazioni ne troviamo comunque anche su vini e oli che non rientrano in queste categorie: essi pure devono infatti attenersi a precise regole. Attenzione, però: il vino “da tavola”, oltre all’indicazione generica, si presenta talvolta con una denominazione che richiama questo o quel noto vitigno.

Solo controllando l’etichetta si può sapere se si tratta di un vino Doc o se il riferimento è alla varietà di uva utilizzata. Analogamente, l’espressione “non contiene solfiti” non indica la loro totale assenza: essi sono naturalmente presenti in ogni vino, e assolvono ad una funzione antisettica e antiossidante. Un’eventuale aggiunta però, seppure consentita, dovrà comparire sull’etichetta vista la loro natura allergizzante. Insieme, il Paese di produzione e quello dell’imbottigliatore, il tipo di vino, la presenza di alcol (in gradi), l’annata di produzione e il volume dei contenitore, dove il simbolo ℮ conferma il rispetto delle norme europee.

La ℮ è la prima indicazione riportata anche sull’etichetta dell’olio, dove troveremo, analogamente al vino, precisato il genere (da extra vergine, a vergine fino all’olio di sansa), l’origine delle olive e il Paese dove sono state lavorate e, nel caso di una miscela di oli diversi, la sua specifica. Ma, proprio come l’uva per il vino, l’indicazione dell’annata di raccolta delle olive è un elemento distintivo: la troviamo segnalata obbligatoriamente, infatti, quando risponde ad un’unica “campagna”. Un ulteriore plus per un olio di qualità superiore. Facoltativa invece, l’indicazione del grado di acidità, voce complicata anche per gli esperti.

La nostra sicurezza

Per finire, occhio all’etichetta nutrizionale! Dal dicembre 2016 obbligatoria in ogni prodotto, riporta le indicazioni di grassi, sale, carboidrati, e non soltanto, partendo dalla considerazione che il loro abuso potrebbe comportare seri rischi alla nostra salute. Piccole o grandi, chiare ma non troppo, le etichette sono insomma la nostra guida turistica nella quotidiana avventura tra scaffali e bancarelle, bottiglie e accattivanti confezioni, per un rapporto con il cibo più sicuro e soddisfacente. Un consiglio: consultiamole.