“Con la riproposizione dello stesso progetto, solo apparentemente modificato ma non variato nella sostanza, ENEL conferma e raddoppia l’intento della multinazionale di estrarre profitto dal territorio per distribuirlo agli azionisti con un progetto ufficialmente dal costo uguale a quello precedente ma ridotto nella produzione dell’energia elettrica della metà evidenziando tra l’altro una evidente contraddizione di finalità; resta che l’impianto ha la potenza di 164 MW pari a 10 dieci volte quello attuale”, si legge in una nota.
Il progetto che Enel propone, all’interno del Parco e delle aree protette dalla UE e nelle aree immediatamente circostanti contiene, secondo una prima analisi degli elaborati depositati per la Valutazione di Impatto Ambientale:
-12,05 km di perforazioni nelle montagne di gallerie, pozzi e tunnel di servizio, modificando in aumento i diametri precedenti fino ai 10 metri ora proposti; sorge spontanea la domanda: perché per produrre metà energia elettrica occorre aumentare i diametri delle perforazioni?
– lo scavo di due enormi caverne, lunghe come un campo sportivo, alte 40 metri e larghe 28 collegate a loro volta da 2 ulteriori gallerie per renderle intercomunicanti;
-un volume di roccia e terra scavati/sbancati di 1.180.603 mc, di cui solo un decimo verrebbero riutilizzati in cantiere mentre 1.006.212 verrebbero gestiti inizialmente in regime di rifiuto perché contaminati con prodotti schiumogeni in parte tossici da sottoporre a trattamento di biodegradazione;
-38.000 mq di bosco rasi al suolo;
– i cantieri durerebbero 4 anni, durante i quali, in territori protetti e vicino ai paesi di Pizzone e Castel S. Vincenzo, ci sarebbero decine di migliaia di passaggi di mezzi pesanti, con emissioni rumorose, sbancamenti, emissioni di inquinanti come polveri sottili, ossidi di azoto, come ammesso nei documenti depositati da Enel;
– le gallerie se realizzate attraverserebbero un territorio ad alto rischio idrogeologico e sismico di categoria R4 con presenza di diverse faglie attive, quindi pericolose. Si legge negli elaborati ora presentati che il rischio idrogeologico R4 indica nefaste conseguenze di perdita di vite umane oltre ad altre pericolosissime conseguenze per l’ambiente;
– le opere sarebbero realizzate in aree con pesanti dissesti idrogeologici in atto, tanto che il progetto modificato prevede ora interventi con barriere paramassi, molto impattanti visivamente e per il rumore delle trivellazioni per realizzarle, per proteggere le nuove opere e i cantieri. In definitiva il progetto modificato localizza consapevolmente le opere in un contesto di forte rischio (anche per le maestranze che le realizzeranno e le manutenzioneneranno, per cui bisogna difenderle con … ulteriori grandi opere. Già solo questo la dice lunga sui “criteri” di sostenibilità anche in termini della sicurezza attuati nella nuova riproposizione del progetto.
– nei documenti si ammette che le aree che saranno devastate per i cantieri ospitano femmine di Orso bruno marsicano, specie di uccelli rari e protetti a scala comunitaria come Balia dal Collare e Picchio dorsobianco, nonché specie di anfibi protetti come il Tritone crestato;
– dal punto di vista dell’interazione con gli acquiferi Enel, invece di presentare dati diretti raccolti con sondaggi come aveva promesso, cerca di minimizzare gli impatti sulla circolazione dell’acqua sotterranea, ipotizzando che le gallerie passeranno sopra la principale falda basale, usando esclusivamente dati indiretti e di mero contesto senza appunto alcuna verifica diretta. A parte questi enormi limiti, comunque ammette che intercetterà acqua eseguendo gli scavi e che sulle sorgenti non ci sarà rischio zero di interazione negativa: una chiara violazione delle norme del Parco che impediscono qualsiasi alterazione del ciclo idrico. Significativa la perdita della dichiarata “piccola sorgente” presente nell’area in cui è progettato il cantiere di lancio della TBM (macchina per lo scavo delle gallerie) subito a valle della diga di Castel San Vincenzo.
– gli studi naturalistici sono palesemente incompleti e quindi irregolari rispetto alle Linee guida nazionali sulla Valutazione di Incidenza in quanto, a fronte di un progetto che costa 627 milioni di euro (a parte i profitti), sono stati condotti per un mese e mezzo con tre uscite di cinque giorni complessivi a maggio e giugno 2024 (!), rimandando “strategicamente” gli approfondimenti a progetto approvato. Questo è il livello di attenzione verso uno dei Parchi nazionali più noti al mondo, come se negli altri mesi dell’anno l’area non fosse fondamentale per tante specie protette;
– le oscillazioni di livello giornaliero dei due laghi saranno 2,80 metri per il lago di Montagna Spaccata e di 2,35 metri per quello di Castel San Vincenzo. Cioè ogni giorno la quota dell’acqua andrà su è giù di oltre 2 metri. Enel cerca di indorare la pillola sostenendo che rientrano nei range operativi attuali: peccato che oggi queste oscillazioni avvengano a distanza di mesi e non nell’ambito dello stesso giorno!
– il bilancio energetico è negativo, cioè si perde energia, visto che per funzionare il progetto prevede di pompare, usando energia comprata a poco prezzo, acqua verso l’alto per centinaia di metri per stoccarla. Questa acqua verrà turbinata verso il basso per produrre (meno) energia nei momenti in cui conviene a Enel, cioè quando il prezzo del KWh è più alto. Non essendo completamente efficiente, il sistema perde almeno il 20-30% dell’energia immessa. La questione di usare energia che altrimenti verrebbe sprecata in situazione di surplus di produzione rispetto alla richiesta è in larga parte infondata perché: 1) l’Italia sta aumentando le interconnessioni bidirezionali con Balcani, Africa ed Europa centrale, potendo quindi smistare l’energia prodotta anche in quelle aree; 2) i momenti di surplus effettivo sono e saranno limitati e lo saranno per diversi anni visto che la produzione da rinnovabili è ancora una quota piccola rispetto all’energia complessiva consumata per tutti gli usi, e l’elettrificazione di questi ha ancora enormi margini di penetrazione; 3) per lo stoccaggio esistono comunque alternative ai pompaggi come i sistemi a batteria BESS che ormai sono parte integrante di tutti i progetti di installazione di nuove rinnovabili, con costi che stanno scendendo paurosamente, rendendo questa opzione sempre più concorrenziale.
“Notiamo che a fronte di tutti questi immensi impatti e ai profitti che avrebbe Enel, che negli anni saranno di miliardi di euro, l’azienda promette di offrire qualche opera distribuita sul territorio a mo’ di “perline colorate”, dalla riqualificazione del campo sportivo di Pizzone (!) a un po’ di giochi per bambini sui due laghi”, dichiara il Coordinamento No Pizzone II, che aveva “ampiamente previsto” che “la momentanea ritirata di Enel era solo una tattica per poi ripresentare lo stesso progetto cercando nel frattempo di far calmare le acque”.
D’altronde “come si poteva pretendere un intervento diverso, come ingenuamente qualche politico e amministratore locale auspicava per poter dire sì non potendo negare l’enorme impatto negativo dal punto di vista ambientale, sociale e culturale, visto che la conformazione del territorio è quella, le infrastrutture preesistenti sono quelle, i siti protetti della Rete Natura 2000 dell’UE hanno i loro confini e il Parco nazionale anche?”, si chiede il Coordinamento No Pizzone.
Gli attivisti del Coordinamento, assieme a diversi tecnici, ora vaglieranno con attenzione tutti i 250 elaborati, poiche’ “appaiono ulteriori falle che presto saranno oggetto di ulteriori comunicazioni. Già da ora si chiede agli enti coinvolti nel procedimento, a partire dall’ente Parco nazionale, soggetti che entro il 17 ottobre dovranno esprimersi, di dare parere negativo viste le enormi implicazioni negative della proposta della multinazionale. E si chiede ai cittadini e alle associazioni di partecipare alla lotta per difendere un territorio così prezioso a scala mondiale”, conclude la nota di No Pizzone.
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