ROMA – La Consigliera di Parità e Autorità per i diritti e le pari opportunità della Regione Molise Giuditta Lembo ha partecipato a Roma lo scorso 8 ottobre all’incontro organizzato dal Dipartimento per le Pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri a cui erano presenti anche i rappresentanti dell’Istituto europeo sull’uguaglianza di genere (EIGE), Linda Laura Sabbadini dirigente dell’Istat, Marcella Gargano vice-capo di Gabinetto del Ministero dell’Istruzione (MIUR), Alessandra Panari Capo Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Maurizio Del Conte Presidente dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL).
“Si è trattato di un incontro molto interessante – afferma nella sua nota la Lembo – poiché grazie al Report relativo al Gender Equality Index di EIGE abbiamo potuto avere contezza e confrontarci su temi molto attuali e valutare che tipo di interventi occorre promuovere per ridare corso all’affermazione piena dei diritti delle donne e dei soggetti più vulnerabili della società. Ciò che in particolare è emerso durante l’incontro è che innanzitutto per le ragazze italiane la sfida dell’innovazione sembrerebbe tutta in salita: appena lo 0,2% delle quindicenni aspira a lavorare come professionista Ict all’età di 30 anni contro il 3% dei loro coetanei maschi (che in altri Paesi arrivano al 15%) e contro una quota tra le coetanee europee che solo in quattro Stati va dall’1% al 3%.
Un gap iniziale che inficia irrimediabilmente il quadro occupazionale finale, ma soprattutto le prospettive future, dato che nell’Ue più di 8 posti su 10 nel settore dell’Information&Communication Technology sono ricoperti da uomini! Quindi si è constatato che occorre sensibilizzare le studentesse verso le STEM, poichè questo ambito è tra i più promettenti: si calcola che nei prossimi anni crescerà più di otto volte rispetto all’aumento medio dell’occupazione in Europa. I numeri, ricavati dai dati del programma Pisa dell’Ocse, sono ripresi anche nel documento “Women and men in Ict: a chance for better work-life balance”.
Si è parlato nell’incontro – prosegue Giuditta Lembo – soprattutto della situazione italiana che nel decennio 2005-2015 ha registrato i maggiori progressi in relazione alle pari opportunità, balzando dal 26° al 14° posto con 62,1 punti su 100 (lasciando la Grecia ultima a quota 50), ma il cammino a partire dal 2017 si è bloccato e per certi versi regredito ed è paradossalmente più faticoso. La scalata più importante si deve quasi esclusivamente agli effetti della legge Golfo-Mosca del 2012 sulle quote nei CdA. Per il resto, soprattutto nelle macro-aree della divisione del lavoro di cura e in quella degli stipendi e della situazione economica, stiamo perdendo molte posizioni. Ma è soprattutto il tema della segregazione di genere nel sistema educativo, e in particolare nelle STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), a preoccupare.
Come ha già rilevato il rapporto “Women Digital Age” della Commissione europea, solo il 24,9% delle donne si laurea in settori legati alla tecnologia, mentre la quota di uomini impiegata nel digitale è tre volte superiore a quella femminile. L’Europa, che già soffre di una carenza di competenze digitali, non si sta dimostrando in grado di colmare questo vuoto. E a causa della mancanza di donne non riesce a navigare alla massima velocità. Uno spreco di potenziale tanto più grave quanto più debole è la crescita di un Paese. Per questo l’Italia non può permettersi di perdere questa opportunità. Secondo il report “Vantaggi economici dell’uguaglianza di genere nell’Ue”, pubblicato da Eige a fine 2017, se le donne fruiranno di una maggiore parità di opportunità nell’istruzione in campo STEM e nel mercato del lavoro, il tasso di occupazione nell’Unione aumenterebbe di 0,5-0,8 punti percentuali entro il 2030 e di 2,1-3,5 punti entro il 2050, quando potrebbe raggiungere l’80% circa se si registrassero sostanziali miglioramenti nell’uguaglianza di genere.
Significherebbe 10,5 milioni di nuovi posti di lavoro nel 2050 (il 70% dei quali per le donne), come gli occupati in tutti i Paesi Bassi. Ma anche un aumento del PIL pro capite dell’Ue di 6,1-9,6%. Negli Stati membri più in ritardo come l’Italia, dunque con più margini di miglioramento, si dovrebbe arrivare a un aumento del PIL del 12% entro il 2050. Ma il problema dell’occupazione femminile e giovanile resta il dramma principale del nostro Paese, dove l’altalenante percentuale dell’aumento dell’occupazione di questi ultimi è legata purtroppo alla precarietà del loro lavoro e dove il gap occupazionale uomo-donna si è ridotto non perché sono aumentate le donne lavoratrici ma perché sono aumentati gli uomini disoccupati!
Altra questione la parità sostanziale delle donne nella gestione del potere ancora considerato ad appannaggio maschile. Ad oggi l’Italia si è dotata di una consistente parità formale in politica, grazie ad interventi normativi, poiché laddove si è intervenuti con norme ad hoc si è avuto un effetto immediato (vd. ad esempio: la Legge del Rio Quote, la Legge Golfo –Mosca), mentre, nella sostanza, non si è dotata di soluzioni ad uno dei principali problemi quali la conciliazione vita lavorativa e vita familiare, intorno al quale ruota tutta la vita di una donna ad iniziare dal lavoro, dalla carriera, dalla formazione, dalla politica, dalle normali aspettative di vita, poiché è dimostrato da tantissimi studi, compreso quello di EIGE, che le donne che sono nel mercato del lavoro e che vogliono migliorare la propria carriera o entrare in politica, lo possono fare, ma a loro spese diventando multitasking con conseguenze negative sulla salute!
In relazione a ciò, come prima cosa, occorre iniziare a parlare di condivisione dei ruoli familiari, attraverso maggiori politiche di walfare aziendale e di lavoro agile anche nelle P.A., in cui peraltro è obbligatorio aentro il 2019. Altra nota dolens è quella sulla violenza contro le donne, infatti ogni anno, nel nostro Paese, la violenza contro le donne costa 26 miliardi di euro. Si tratta di una spesa sociale composta dagli effetti della perdita di produzione economica, dal maggiore utilizzo di servizi e dai costi personali. Un fenomeno che pesa in totale quasi 226 miliardi di euro nei 28 paesi dell’Ue. Tutto ciò – conclude Giuditta Lembo – non può non farci riflettere e provocare, soprattutto nelle Istituzioni, una reazione immediata affinchè avvenga un radicale cambio di rotta, ma questo si sa che richiede tempo, occorre però iniziare a dare dei segnali che iniziano ad andare in questa direzione!”.