Nonostante le percentuali, rileva l’indagine, il medico molisano non perde la propria passione per la professione: il 70% riferisce di affrontare efficacemente i problemi dei propri pazienti e di influenzare positivamente la vita di altre persone attraverso il proprio lavoro, il 90% di aver realizzato molte cose di valore e il 70% di rallegrarsi dopo aver lavorato con i pazienti. Solo il 30% teme che il proprio lavoro possa con il tempo indurirlo emotivamente. Il Covid, nel 60% dei casi, ha influenzato negativamente la vita dei medici molisani.
“Depressi, stressati e in perenne carenza di sonno per orari di lavoro che vanno ben oltre il lecito, carichi di lavoro impossibili da gestire. Il tutto aggravato da mancanza di riconoscimento del valore di quanto con competenza professionale si fa, un numero di pazienti per medici e posti letto che rende quasi impossibile instaurare un rapporto empatico con i pazienti e la burocrazia che rende tutto ancora più difficile”, scrive Fadoi, ricordando che i medici internisti “da soli assorbono un quinto di tutti i ricoveri”.
Una situazione che rappresenta “una minaccia per la loro salute ma anche per quella degli assistiti, visto che lavorare quando si è in burnout significa alzare di molto le possibilità di commettere un errore sanitario”: “Questi risultati – commenta Concetta Mancini, Presidente Fadoi Molise – vanno interpretati in una prospettiva di necessario cambiamento dell’assetto organizzativo orientato verso scelte di riqualificazione dei reparti di Medicina e di valorizzazione del singolo professionista”.
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