CAMPOBASSO – Gambero Rosso svela in anteprima le eccellenze vinicole di Abruzzo e Molise: un ricco palmares di 16 vini per l’Abruzzo e 1 per il Molise che hanno ottenuto per il 2024 i Tre Bicchieri, il massimo riconoscimento assegnato dalla guida Vini d’Italia di Gambero Rosso.
Tre Bicchieri 2024 dell’Abruzzo. Il Montepulciano d’Abruzzo
L’Abruzzo è una regione profondamente vitata e la produzione vinicola è parte integrante dell’economia regionale. Sono tante le cantine abruzzesi che hanno partecipato alla selezione del Gambero Rosso, quasi un centinaio.
Per quanto riguarda il Montepulciano d’Abruzzo, le ultime due annate, 2022 e 2021, sono state affrontate dalle aziende in maniera corretta: pochi i vini surmaturi, con etichette piuttosto ben fatte e godibili. Il discorso cambia con i 2020: qui iniziano a entrare in gioco dei limiti tecnici, con il legno che risulta l’ingrediente principale di alcuni rossi. Si torna su con i 2019, piuttosto nitidi e dotati di buona freschezza. Scendendo con le annate non è raro trovare vini già a fine corsa.
Tre Bicchieri 2024 dell’Abruzzo. I vini bianchi e il Cerasuolo
Per quanto riguarda il lato bianchista, ormai è conclamato lo strapotere del pecorino sul trebbiano: oltre 100 campioni per il primo, poco più di 60 per il secondo. Ma il trebbiano non ci sta ad abdicare. I produttori stanno cercando di restaurare il bianco abruzzese per antonomasia con versioni che escono almeno dopo un anno, o anche di più: vini complessi, sfumati, molto interessanti man mano che si va indietro nel tempo. Se il pecorino la fa da padrone nei numeri, non si può dire lo stesso per la qualità.
Colpa dell’annata sicuramente: la torrida 2022 si è fatta sentire non tanto per i vini surmaturi o “cotti”, quanto per la paura di arrivare a tanto, con vini un po’ crudi e “verdi”, probabilmente frutto di raccolte troppo anticipate. Del Cerasuolo si dice sia il vino del futuro. La potenza materica del Montepulciano viene imbrigliata in vini leggeri che, nelle migliori versioni, non perdono nulla dell’energia del vitigno, anzi la incanalano verso la giusta direzione, nelle versioni veraci, quelle più identitarie.
Tre Bicchieri 2024 del Molise. La tintilia è la grande protagonista
Per il Molise è stato premiato l’Aglianico Contado Ris. 2019 Di Majo Norante. Non sono tanti gli italiani capaci d’indicare con esattezza il Molise nella geografia italiana. Il vino può sicuramente aiutare a riportare sulla mappa una regione bellissima e da scoprire, una cerniera tra Abruzzo, Puglia e Campania. La superficie vitata è piccola ma la regione è da sempre vocata alla viticoltura in un paesaggio di dolci colline che dagli Appennini lambiscono il mare. Siamo fuori dalle grandi rotte turistiche, si viene qui per assaporare una cucina vera e godere di un patrimonio naturalistico e archeologico davvero prezioso.
Il cuore produttivo si concentra su altopiani tra il mare Adriatico e Campobasso, anche se nell’ultimo decennio diversi produttori hanno spostato lentamente la produzione anche verso quote più alte per giocare d’anticipo contro l’innalzamento delle temperature. La grande protagonista si chiama tintilia, una varietà autoctona a bacca rossa il cui nome deriva da “tinta”, per via della sua intensa tonalità e ricchezza di antociani. Dona vini dai tipici richiami mediterranei tanto nel profilo minerale quanto nel registro di erbe mediterranee. Più volte in degustazione ci siamo ritrovati davanti a uno sfiziosissimo registro delicatamente pepato che ha che fare con il suo dna stilistico al di là dell’uso dei legni, non sempre calibratissimi in regione. Anche se siamo lontani dai vini iperconcentrati e tostati di qualche ano fa.
La tintilia è un jolly, che può regalare grandi soddisfazioni anche in rosa, per vini complessi e gastronomici. Altro ruolo importante spetta all’aglianico, mentre sul fronte si registrano dei passi indietro rispetto agli ultimi anni, a causa anche di vendemmie non facilissime l’ultima e la penultima. Intanto qualcosa si sta muovendo sul fronte Consorzio, i produttori hanno capito che fare squadra è l’unica via per far uscire dai propri confini l’immagine regionale. Bisogna scrollarsi di dosso l’etichetta di Cenerentola del vino italiano e lavorare a testa bassa. I risultati arriveranno.