Si tratta del sesto per la band molisana che parla dei viaggi dei migranti del presente e del passato. Ancora una volta con l’etichetta americana Melodic Revolution
“An Gorta Mór racconta la fuga dal dolore. Il dolore può essere una guerra, una famiglia “sbagliata”, la disperazione, la fame. In fondo An Gorta Mór significa proprio “la grande carestia” e fa riferimento all’olocausto irlandese di metà XIX Secolo che portò l’Irlanda a perdere circa un terzo dei suoi abitanti tra morti per denutrizione ed emigrati in fuga dalla fame, che scelsero di affrontare viaggi della speranza in condizioni terrificanti per garantirsi un futuro, e non un futuro migliore, intendo dire proprio un futuro. È evidente che 170 anni dopo le cose non sono cambiate molto, ma si sono solo spostate geograficamente”.
Hanno le idee chiare, e da sempre, gli Ifsounds. La rock band molisana guidata dal musicista e scrittore Dario Lastella arriva al sesto disco forte di un bagaglio di album apprezzati dalla critica italiana ed estera, del sostegno dell’etichetta americana Melodic Revolution Records, di un argomento mai così attuale come quello delle migrazioni. Ma il quintetto non ha in mente slogan, non indugia su fake news nè ha voglia di solleticare bassi istinti razzisti, bensì immagina un concept album “politico” in senso lato, e lo fa trovando ispirazione ancora una volta nell’eredità del rock progressivo.
An Gorta Mór esce a tre anni di distanza da Reset, che era stato l’album della “ripartenza”, quello con cui gli Ifsounds si erano temporaneamente distaccati dalle sonorità consuete per esplorare una direzione rock più grintosa. A tre anni da quell’album, la band sposta lo sguardo verso una combinazione di linguaggi, dal progressive storico al rock contemporaneo: “Reset ci ha insegnato un nuovo linguaggio e un nuovo approccio che hanno ulteriormente arricchito la nostra paletta di colori e che comunque ci sono stati utili durante la composizione, l’arrangiamento e la registrazione di An Gorta Mór”.
Il risultato consegna all’ascoltatore una band compatta, affiatata, graffiante, con un’idea decisiva: quella di un prog-rock devoto ai grandi del genere ma per niente nostalgico, un’ideale area di congiunzione tra l’amore per Pink Floyd, Genesis e PFM e l’emersione di una personalità propria, in particolare nella lunga suite che dà il titolo al disco e che esalta al massimo le caratteristiche sonore degli Ifsounds, tra art-rock, suggestioni celtiche e un feeling spesso assente nel genere.
Ifsounds è una band che “pensa concettuale” e ha voglia di esprimere un messaggio, di osservare il mondo e denunciarne le bruttezze, le storture, le ingiustizie.
“A che grado di disperazione bisogna arrivare per affrontare un viaggio come quello di tanti migranti? Nel disco cerchiamo di parlare di questo, ma anche di violenza domestica e delle dinamiche malate che si creano nella vita di coppia, di una ragazza prigioniera di una famiglia che la costringe a una vita che non sente sua e scappa di casa, delle seduzioni dei guru digitali che promettono fantastici guadagni su internet per sfuggire a un quotidiano fatto di disoccupazione o di occupazione degradante. Il filo conduttore è quello che in marketing è definito “fuga dal dolore”: per i commercianti è uno dei motori più potenti per la riuscita di un prodotto o servizio, mentre noi cerchiamo di scavare in questo dolore per ritrovare l’essenza dell’uomo”.
L’organico del 2018 è nuovo, non mancano ospiti come il tastierista Lino Giugliano, Vincenzo Cervelli (Acid Tales, Eva’s Bullet), gli Hexperos (Alessandra Santovito e Francesco Forgione), Marco Grossi e l’artista Fabienne Di Girolamo, che traduce in pittura le atmosfere camaleontiche degli Ifsounds con la seconda copertina per il gruppo.
IFSOUNDS:
Runal – lead vocals
Fabio De Libertis – bass guitar
Dario Lastella – guitars, keyboards, synths, vocals
Lino Mesina – drums, percussion
Claudio Lapenna – piano, keyboards, vocals