ISERNIA – Colori vivi disegnano la femminilità ideale della Fanciulla del Borgo, che dall’alto dei suoi oltre tre metri di altezza si staglia “come dea primigenia, tutrice e madre della terra” sul panorama appenninico che si apre dalla piazza di Borgotufi, albergo diffuso di Castel del Giudice (IS), dove cime e boschi molisani toccano quelli abruzzesi. Una fanciulla d’acciaio, “forte e gentile”, un’opera d’arte ambientale urbana, progettata dall’artista abruzzese Franco Summa per questo luogo poco prima della sua morte, e che ora regala luce e forme ad un borgo dove ogni pietra è storia e segno di rinascita. Un’iniziativa fortemente voluta dagli imprenditori Enrico e Gianfranco Ricci – comproprietari di Borgotufi con Ermanno D’Andrea e il Comune di Castel del Giudice – e nata dall’incontro con Summa dell’arredatore d’interni Franco D’Amico e di Enrico Ricci, che aveva lavorato con l’artista al restauro del palazzo dell’Emiciclo dell’Aquila, sede del consiglio regionale abruzzese.
Inaugurata il 25 settembre 2020 da Enrico Ricci, dal sindaco di Castel del Giudice Lino Gentile, da Giovanni Tavano, amico dell’artista e vice presidente della Fondazione Summa che ha curato l’esecuzione dell’opera, alla presenza della direttrice di Donna Moderna Annalisa Monfreda e di Niko Romito, cuoco stellato, l’arte di Summa impreziosisce un paese che fa della tutela e del recupero un mantra. Un paese che ha trasformato le sue antiche stalle e case abbandonate in un luogo di ospitalità turistica diffusa, che guarda al presente come ritorno alla terra reinterpretando la contemporaneità e trasformando un posto spopolato in un centro vivo, in cui anche l’arte diventa protagonista, bellezza ed attrazione.
“Un progetto possibile grazie alla partecipazione dell’intera comunità – come ha ricordato il sindaco Lino Gentile facendo riferimento all’iniziativa pubblico-privata da cui è nato l’albergo diffuso –, grazie alle persone e agli anziani del paese che hanno creduto in un futuro, che guarda al turismo e alla cultura”.
Dopo il taglio del nastro – un fiocco rosso avvolto sulla vita della Fanciulla del Borgo, ricoperta da un “abito” nero che è stato aperto per creare la forma di una gonna rotante, prima di cadere svelando l’opera -, si è svolto l’incontro nella sala convegni sui temi del “recupero, arte, comunicazione, per una nuova visione dei borghi”. Alla regia, la giornalista Maria Stella Rossi che ha dato il via alla serata con una frase di Andy Warhol: “Avere la terra e non rovinarla è la più grande opera d’arte che possiamo avere”. Di qui la parola ad Enrico Ricci, il quale ha raccontato le origini del recupero del borgo, che da cantiere in cui sono state maneggiate oltre 30mila pietre da maestranze e artigiani locali, è divenuto fulcro di turismo sostenibile e luogo d’arte.
“Quest’opera – ha spiegato – è solo il primo passo per fare di Borgotufi un luogo di rigenerazione urbana e di reinvenzione del ruolo e della vocazione delle aree interne e dei suoi piccoli paesi”. I prossimi progetti di Borgotufi saranno la creazione di botteghe artigiane e di una biblioteca che fungerà anche da centro espositivo.
Niko Romito, cuoco stellato, parlando della sua Casadonna di Castel di Sangro, nata dal recupero di un monastero del Cinquecento, si è focalizzato sulle nuove attenzioni che i piccoli borghi hanno in questo periodo storico, in cui la pandemia ha riacceso i fari sulle aree interne e su come questi luoghi, come Borgotufi, riescano a riscrivere la loro identità riattualizzando la tradizione in chiave moderna. Un processo che tocca l’alimentazione e la trasformazione del cibo che nasce sul territorio, attraverso una ristorazione che ha rispetto per la salute di chi mangia e che coinvolgendo il settore agroalimentare, migliora l’ambiente e produce biodiversità. «Questi borghi fuori dalle grandi rotte stanno diventando il nuovo lusso», ha detto Niko Romito.
Annalisa Monfreda, direttrice della rivista Donna Moderna, ha evidenziato come oggi i piccoli borghi possano diventare la casa ideale per coloro che auspicano uno stile di vita migliore di quello cittadino. Se fino a qualche anno fa si fuggiva dai paesi per cercare in città realizzazione professionale e personale, oggi si può tornare nei borghi «per costruire connessioni che restituiscano alla società ciò che il lavoro ci dà», come sta accadendo con il fenomeno del south working e del lavoro a distanza durante la pandemia. «Nei borghi si può coniugare il lavoro dei sogni con lo stile di vita che ci rende felici».
«La popolazione mondiale vive in città e si stima che nei prossimi anni arriveremo a 10 miliardi di persone – ha evidenziato Lucio Zazzara, urbanista e presidente del Parco della Majella -, questo presuppone una reinvenzione dei modelli urbani. Tale tendenza rende più forte l’attrazione delle “non città”, luoghi intesi come protetti, posti in cui si respira».
Poi il professore universitario ha ricordato come l’arte di Franco Summa sia stata sempre pensata in relazione al contesto, nell’idea che l’arte possa arricchire un luogo e migliorare il mondo.
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