La storia di Carmela Marianna Varanese in Giarrusso

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La storia di Carmela Marianna Varanese in Giarrusso

Una coraggiosa donna molisana “ simbolo” per le mamme” di Pittsburgh in Pennsylvania. Era nata a Campolieto (CB)

CAMPOLIETO – Carmela Marianna Varanese nacque a Campolieto, in provincia di Campobasso, il 16 gennaio del 1893 da Angelo (trentaduenne “possidente”) e Maria Di Lembo. Il 27 luglio del 1911 sposò il compaesano Francesco Giarrusso nato il 13 dicembre 1884 da Giuseppe e Giacinta Petrucci. L’anno successivo al loro matrimonio arrivò un bambino a cui diedero il nome di Giuseppe “Joseph”. Nel 1913 Carmela e Francesco decisero di partire alla ricerca del “sogno americano”. Negli Stati Uniti Francesco “Frank” aprì una fortunata attività di macelleria a Pittsburgh nel quartiere Homewood.

La famiglia si arricchì dell’arrivo di altri quattro bimbi: Jean, Rose, Frances e Stanley. Gli affari andavano bene. Poi purtroppo, a soli 34 anni, il 14 luglio del 1919 Francesco “Frank” morì. A questo punto la giovane donna molisana, aveva 26 anni, si trovò da sola a dover affrontare le difficoltà della vita. Con cinque piccoli e un’attività da portare avanti. Con coraggio e tanta determinazione rifiutò l’idea di tornare in Italia. Volle fortemente continuare a lottare per i suoi cinque bambini e anche per realizzare il “sogno americano” tanto caro al suo Francesco “Frank”. Lottò, si sacrificò, e con ogni mezzo ce la fece. In “ITALIAN IMMIGRATION TO PITTSBURGH AND VICINITY “ di Catherine Cerrone viene riportata una foto che la ritrae con i suoi figli e poi una struggente didascalia che recita più o meno così: “La sua perseveranza ha dato credito al proverbio italiano: Se dovesse morire il padre la famiglia ne soffrirebbe; se dovesse morire la madre la famiglia cesserebbe di esistere”. Divenne così per tutti un “simbolo delle mamme”. Carmela Marianna morì l’11 marzo del 1987. Lasciò, come recitava il suo necrologio, 18 nipoti, 32 pronipoti e 6 bisnipoti. Il “sogno americano” per il quale aveva lasciato Campolieto, insieme a suo marito , poteva dirsi realizzato.

A cura di Geremia Mancini – presidente onorario “Ambasciatori della fame”