L’autore, legato da sempre al luogo per le origini materne, è al terzo romanzo dopo “Il leone bianco” (Faligi editore-2009) e “Il profumo dei Valgesi” (Bookabook-2022). Renato Sfamanti, il protagonista dello scritto, è un uomo fotografato nel momento più buio della sua vita.
A lungo egli ha scelto un volo miope e scomposto. Privo di una direzione reale, delimitata solo dal rifiuto di quella imposta, egli è fuggito in modo cieco dai propri fantasmi. Un sognatore, dunque, preda di passioni e promesse colorate, solo come un bambino pronto a dimostrare al padre e al mondo la bontà della propria rotta, dimenticando la bussola.
Distratto e attratto da tutto ciò che è adrenalinico e sinuoso si è perso. Sarà un coccodrillo, anzi, un coc-co-dril-lo a fornirgli un alibi di riscatto: l’uomo ne percorrerà le orme cercando di svelarne il mistero, ma sarà il rettile a rilasciare qualcosa in lui, un frammento di infinito pronto a dilatarsi in mille sfaccettature e ad aprire un’ultima porta. Dietro questa, non necessariamente ci saranno glorie, ma umane realtà, debolezze e punti di forza.
L’inquietudine buia in cui l’uomo è immerso accoglierà il giorno e finalmente ne diverrà abile manipolatore. Il coccodrillo diviene uno spunto di riflessione, un varco in cui l’autore convoglia la possibilità di fronteggiare le paure e renderle addirittura nuovo inizio.
Alla domanda su cosa abbia spinto Bashir a scrivere il romanzo egli risponde di aver voluto intraprendere una riflessione su come la società sia pronta a puntare il dito contro “gli ultimi” senza una visione di profonda comprensione che ne sappia raccontare la storia e le parole non dette.
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