Accogliere il Dio Bambino significa anzitutto accogliere la vita, ogni vita, in ogni suo stadio. In quella greppia c’era il Figlio di Dio; in ogni greppia, oggi, ci sono i figli di Dio che chiedono di essere amati con la stessa passione.
Davanti al Dio Bambino, scompare ogni pensiero di violenza, di odio. Dobbiamo disarmare anzitutto i cuori, prima ancora che le mani. I conflitti e le guerre non risolvono i problemi, anzi li accrescono. Perciò, diventiamo artigiani di pace da subito, facendo sì che aumenti la spesa sociale, non quella militare. Diamo concretezza al canto degli angeli: “Pace in terra agli uomini che Egli ama”.
Il Dio Bambino infonde speranza, ed è quella speranza che vorremmo trasmettere a quanti hanno perso il posto di lavoro, a quanti sono a rischio, a chi non riesce a immaginarsi un futuro, magari perché malato, inabile, anziano, a chi noi stessi non consentiamo un futuro perché discriminato, emarginato, scartato.
Questo Natale ci introdurrà all’Anno Santo, un giubileo in cui, come dice Papa Francesco, “la testimonianza credente possa essere nel mondo lievito di genuina speranza” (Spes non confundit 25). È un progetto di vita che ci coinvolge e ci chiama a essere impegnati per tutta l’esistenza. Come Vescovi del Molise, vorremmo ripetere a noi stessi e a voi le stesse parole dell’angelo ai pastori: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,10-11). Accogliamo questo annuncio, mettiamoci in cammino e lasciamoci ancora stupire dal Dio che si è fatto Bambino.
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