AGNONE – Michele D’Agnillo era nato il 6 aprile del 1894 ad Agnone (CB) da Nicola Donato e Antonietta Pannunzio. A 17 anni emigrò in America dove lavorò prima in una fonderia, poi in miniera e infine come contadino. Nel 1920, messi da parte i denari necessari, tornò in Italia per sposare nel 1921 Giuseppina Iacobone.
Poi Michele tornò in America, dove si stabilì a Providence nello Stato di Rhode Island, e nel 1922 fu raggiunto dalla moglie dalla quale ebbe poi un figlio. Michele coltivava un hobby che divenne prima un mezzo di sostentamento e poi, incredibilmente, la sua fortuna. Questa passione consisteva nel creare composizioni di fiori artificiali fatti a mano. Un giorno decise di comperare un carretto che riempì di questi suoi fiori e iniziò a girare per le vie della città cercando di venderli.
Fu immediatamente un successo. La gente usciva dalle case per comperare quelle composizioni di mille colori e moltissimi negozianti per addobbare le proprie vetrine. Michele con presunzione definiva i suoi lavori così: “i miei sembrano fiori veri con la particolarità di essere più belli”.
Sicuramente esagerava ma sta di fatto che gli affari cominciarono ad andare benissimo. Prima fu necessario acquistare un altro carretto ma poi Michele, che intanto per dedicarsi a questa avventura si era licenziato, si accorse che per rispondere alle crescenti richieste non bastavano solo lui e la moglie. Fondò una società alla quale diede il nome di “Calart Company” (California Artificial Flower Company).
Poi Michele acquistò, per la sua “Calart Company”, un palazzo su Spruce Strett, un lussuoso ufficio di rappresentanza al 32 di Broadway e uno successivo a Westminster Streets. I suoi fiori furono venduti e distribuiti in tutti gli Stati Uniti, in Messico, in Canada e perfino, con grande successo, in Inghilterra. Le creazioni “Calart Company” con la inconfondibile dizione di “genuini” (nascevano quotidianamente imitatori del prodotto) erano in vendita presso tutti i principali grandi magazzini. Michele D’Agnillo morì il 26 dicembre del 1967.
A cura di Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame
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