«Qui si custodisce il cranio di San Nicandro, martire e patrono principale delle città di Isernia e Venafro». Isernia, cattedrale, nicchia con le reliquie.
[Traduzione]: Esentiamo tutti i cittadini della città di Isernia dal versamento di ogni pedaggio e plateatico, in tutte le terre del nostro demanio, quanto nelle terre della contea di Molise come in altre nostre terre. Anche le fiere che si fanno annualmente in città in occasione della festa dei due santi fratelli Nicandro e Marciano siano libere da ogni imposta, affinché coloro che vengono a Isernia, in occasione di detta ricorrenza, non paghino il plateatico per cinque giorni: cioè due giorni prima e due giorni dopo la festa, e nello stesso giorno della festa [ossia dal 15 al 19 giugno]. In modo identico, pure tutti coloro che vengono nelle predetta città durante i tre giorni della festa dei beati apostoli Pietro e Paolo: il giorno prima, il giorno stesso della festa e il giorno seguente [cioè dal 28 al 30 giugno], siano liberi ed esenti dalla medesima tassa; e anche per il mercato settimanale del giovedì nessun plateatico si debba pagare
Isernia, fiera di san Pietro apostolo. Mucchi di «cipolle bianche, di forma schiacciata e di grande pezzatura» (fino a 800-900 grammi, talvolta oltre il Kg ed eccezionalmente intorno al Kg e 1/2), sul terreno dove attualmente c’è la villa comunale.
L’inizio della storia delle fiere, per consuetudine, viene fatta coincidere con la morte di Federico II di Svevia (13 dicembre 1250), anche se grandi incontri mercantili si sono tenuti fin da tempi remotissimi. La pergamena comitale di Ruggero testimonia come le fiere isernine (quella dei Santi martiri Nicandro e Marciano e quella dei Santi apostoli Pietro e Paolo) siano fra le più antiche in assoluto per quanto riguarda la nostra nazione, come può leggersi sul web: «Nel Medioevo le fiere si svolgevano nel corso di feste locali e i governanti concedevano l’esenzione da dazi e gabelle […]. Tra le fiere più antiche d’Italia se ne annoverano due di Isernia: la Fiera dei Santi Nicandro e Marciano (dal 15 al 19 giugno) e la Fiera dei Santi Pietro e Paolo, detta ‘delle cipolle’ (dal 28 al 30 giugno), entrambe menzionate in una pergamena datata 19 ottobre 1254, ma preesistenti da vari secoli» [it.wikipedia.org/wiki/Fiera].
La fiera isernina dei Santi Pietro e Paolo è detta «delle cipolle» giacché tali ortaggi (allium cepa L.) ne sono sempre stati i protagonisti. È segnalata anche in uno dei settantacinque Capitoli della Bagliva della fedelissima regia Città d’Isernia del 1487. Il Capitolo quarantesimo, intitolato Delli giorni franchi della fiera, menziona «la festa e la fiera di S. Pietro Apostolo»; ma non è certo se la medesima già allora fosse caratterizzata dalla presenza delle cipolle che, però, furono citati in altri Capitoli della Bagliva, non numerati, aggiunti successivamente (nel periodo che va dal 18 gennaio 1539 al 16 ottobre 1620). Difatti, tra le regole dell’esitura codificate in tali ulteriori Capitoli si legge che i venditori dovevano versare 3 grana «per ogni salma di cipolle» e che, per non danneggiare i produttori locali, era possibile proibire ai commerciati di fuori città la vendita di più generi alimentari, tra cui Agli e Cepolle. Sembra, però, che la prima, effettiva notizia circa la distintiva compravendita di allium cepa sia del 1858, allorché Stefano Jadopi scrisse una monografia su Isernia, elencando anche le fiere della città, fra cui quella di San Pietro, conosciuta «per lo grande smaltimento di cipolle». Di rilievo è anche la presenza di venditori di aglio (allium sativum L.).
Luigi Vittorio Bertarelli, nel 1926, attestò l’esistenza di tre varietà di cipolle: la rossa, la bianca e la majorina (da majo, maggio) così chiamata in quanto pronta per la raccolta già ad inizio maggio.
«Il 28 e 29 giu. di ogni anno [a Isernia] – scrisse Bertarelli – si tiene (nel piazzale Erennio Ponzio) una importante e caratter. fiera detta di S. Pietro delle cipolle, perché vi si fa mercato di grandi quantità di bulbi di cipolle, che vengono presentati agli acquirenti in mucchi costruiti con grande pazienza. Vi accorrono ad offrire la loro merce tutti gli agricoltori di Isernia, di Venafro e di altri luoghi vicini. Nella zona isernina vengono adibiti a tale coltura c. 50 ettari e la produz. totale è di 3500-4000 Q. La varietà più coltivata è chiamata rossa o di S. Pietro: sono cipolle a forma tonda, schiacciata, di colore rosso rame o rosso vinoso e di notevole grandezza (100 cipolle pesano in media 25 kg.); vi è anche una sottovarietà, detta majorina, che è più precoce della precedente. Nel mercato di Isernia compaiono anche la cipolla bianca, grossiss. e piatta, e l’aglio».
In realtà, per quanto chiaramente visibile in antiche fotografie di questa fiera e per quanto tramandato dagli attuali, ultimi coltivatori isernini, l’autentica e tradizionale cipolla autoctona era ed è quella bianca, di forma piatta, sovente di grandi o grandissime dimensioni (con peso che, un tempo, in alcuni casi, poteva superare gli 800 grammi).
A cura di Mauro Gioielli
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