Divenne uno dei più apprezzati professionisti del Rhode Island, era molisano. I genitori Costanzo e Carmela erano nati rispettivamente a Frosolone e Riccia
RICCIA – Oreste “Oresto” Di Saia nacque a Providence, nel Rhode Island, il 22 gennaio del 1900 da Costanzo (nato a Frosolone) e da Carmela De Paola (nata a Riccia). I Di Saia decisero, nel 1899, di emigrare per gli Stati Uniti, con i loro due bambini Filippo (n. 1892) e Alfred (1897), per stabilirsi nel Rhode Island. Mamma Carmela portava nel grembo quello che sarebbe poi divenuto uno dei più apprezzati architetti d’America: Oreste.
Sin da bambino Oreste (negli Stati Uniti il suo nome divenne “Oresto”) mostrò una straordinaria propensione per lo studio ed, in particolare, per il disegno. La famiglia non poteva permettersi, per farlo studiare, grandi sforzi economici. Allora Oreste alternò studio e lavoro pur di raggiungere il suo scopo.
Si diplomò, nel 1917, alla Technical High School e successivamente l’agogna laurea per la quale si servì anche di “tutor” privati. Per questo fu definito “L’Architetto autodidatta”. Nel 1926 fu già in grado di aprire un proprio studio a Providence. Ma in lui c’era il “genio creativo” e divenne uno dei più famosi ed affermati architetti del Rhode Island e non solo. Un elenco compiuto delle sue realizzazioni è impossibile.
Ne ricordiamo solo alcune: “Uptown Theater”; “Metropolitan Theatre”; “Hollywood Theatre”, “State Hospital for Metal Disease” di Howard nel Rhode Island; “Aquinas Hall”; L’avveniristico hangar e gli uffici del “Theodore Francis Green Airport”; “Columbus Nacional Bank”; “Johston Town Hall” e la “St. Rocco’s Church” di Thorton. Nel 1932 sulla rivista “Il Carroccio” si esaltava la nomina di Oreste di Saia quale membro della potente “American Institute Architects”. Ne fu poi Presidente. Fu anche Direttore del Dipartimento di Stato dei Lavori Pubblici. Aveva sposato Eleanor Rossi con la quale ebbe quattro figli: Ethel, Ruth, Kennet e Robert. Morì nel 1976.
A cura di Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”