Per noi di Confindustria Molise, è fondamentale focalizzare i divari che sussitono con le regioni del Nord, aggravati dalla crisi pandemica, individuando una strategia per colmarli. Occorre, in breve, ricompattare il Paese e farlo correre ad una sola velocità.
Il 30 aprile 2021, scadenza ultima in cui presentare il piano nazionale, è dietro l’angolo e l’esecutivo comunitario ha posto nel frattempo le linee-guida cui i governi dovranno attenersi per preparare i piani. Le due priorità sono il green deal e la transizione digitale. Stabilita la direzione di sviluppo europea cui tendere, è importante per l’Italia attuare delle azioni che puntino al riequilibrio economico e sociale del Paese. E’ velleitario cercare nuovi mercati globali quando non si fa nulla per portare allo sviluppo quelli che sono nel giardino di casa.
Quante volte abbiamo sentito parlare di un’Italia che viaggia a due velocità, del Sud che arranca, di fondi strutturali non spesi o spesi male nei territori del Mezzogiorno, di amministrazioni pubbliche inadeguate a sostenere le politiche di sviluppo, di reti infrastrutturali obsolete e fatiscenti che non raggiungono tutti i territori e così via.
Se non ora, quando?
Abbiamo l’opportunità e la necessità di ridurre le disuguaglianze e promuovere la coesione, consentendo alla locomotiva Italia di viaggiare in Europa come Paese unito e non come singole regioni. Le stesse regioni del Nord non possono permettersi lusso di rinunciare ai mercati di prossimità. Territori che viaggiano con un reddito pro-capite vicino a quello greco (con tutto il rispetto per i vicini ellenici) e la cui ripresa sarà più lenta.
In modo particolare, a nostro avviso sarà fondamentale rilanciare il sistema produttivo intorno ad un disegno di politica industriale che nel Mezzogiorno valorizzi la presenza delle ZES, concentrando nel loro perimetro risorse finanziarie e iniziative. Abbiamo bisogno di strumenti straordinari perché straordinaria è la sfida che dobbiamo affrontare. Per molti, la maggioranza, a partire già dai prossimi mesi.
Vorremmo, perciò, che il governo nazionale lasciasse da parte il tema dell’autonomia territoriale e ammettesse che la riforma federale dello Stato, che ha demandato alle singole regioni poteri in vari campi tra cui la sanità, ha penalizzato i territori più deboli, depauperandoli dei servizi essenziali ai cittadini (sanità e scuola in primis). Ogni deficit del sistema dei servizi si riverbera nel tessuto produttivo, penalizzandolo una volta di più.
Per questo auspico, come chi mi ha preceduto alla guida di Confindustria, che lo Stato torni protagonista delle politiche di sviluppo del Paese, superando l’assetto regionalistico che ha determinato squilibri locali e ritardi inaccettabili.
L’accesso ai fondamentali diritti di cittadinanza – salute, formazione, mobilità – va garantito da Nord a Sud del paese, senza disparità! Al Governo nazionale spetta la responsabilità di esplicitare un’idea strategica che non si risolva nello scambio tra misure redistributive a carattere assistenziali al Sud e il sostegno (con la richiesta di autonomia) alle regioni del Nord”.
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