REGIONE – La Consigliera di Parità della Provincia di Campobasso e Autorità per i diritti e le pari opportunità della Regione Molise Giuditta Lembo con l’approssimarsi del prossimo 25 novembre: “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne”, invita tutti a soffermare la propria attenzione sul numero di donne morte ammazzate o per dirla in maniera meno cruenta sul numero di donne vittime di femminicidio.
Si legge di seguito nella nota:
“Riflettiamo: una donna su tre di età compresa tra i 16 e i 70 anni, cioè 6.788.000 persone, in Italia, subisce abusi fisici o sessuali. Nel 2016 sono state uccise 145 donne (141 nel 2015) e 112 casi, cioè il 77%, sono avvenuti in ambito familiare: il 77% delle donne uccise è stato vittima del coniuge o del convivente. Tra il 2006 e il 2016 ci sono stati 1.740 casi di femminicidio: una media di 174 all’anno, ossia uno ogni due giorni. Questi dati – prosegue Giuditta Lembo- pubblicati dall’ANSA ed elaborati dall’IPS (ossia i professionisti della sicurezza), e ricavati da materiale degli enti ufficiali parlano chiaro. Nei primi sei mesi del 2018, sono state uccise 44 donne, il 30% in più rispetto allo stesso periodo del 2017, la dimostrazione che, nonostante l’introduzione anche del reato di stalking, le cose sembrano peggiorate.
Viene uccisa una donna ogni 60 ore. Nel 40% dei casi vengono usate armi da taglio, nel 13% armi da fuoco e nel 18% dei casi gli omicidi avvengono per strangolamento. Ogni 12 secondi, secondo le stime, una donna è vittima di violenza, ma solo in un caso su dieci si rivolge alle Forze dell’ordine. Almeno il 25% delle donne è stato molestato online. Quasi 3,5 milioni di donne hanno subito stalking nel corso della loro vita, cioè il 16,1% del totale: il 41% di esse dall’ex partner, il 59% da altre persone. In meno di tre anni, tra il gennaio 2012 e l’ottobre 2014 l’uccisione di 319 donne, 209 delle quali in ambito familiare, ha causato 417 orfani. Nel biennio 2015-16 Istat stima che il 4,1% delle ragazze che oggi hanno meno di 30 anni abbia subito violenza sessuale quando erano minorenni, ed è purtroppo in aumento la percentuale dei figli che hanno assistito a episodi di violenza sulla propria madre (dal 60,3% al 64,8% tra il 2006 e il 2014) e di quelli che sono stati direttamente coinvolti (dal 15,9% al 23,7%).
Il dato allarmante lanciato da ISTAT è che una vittima italiana su tre ha dichiarato che il personale sanitario a cui si è rivolta ha fatto finta di niente di fronte alla violenza subita. Fa inoltre pensare il fatto che in un caso su 3 alle italiane è stato consigliato di sporgere denuncia, cosa che invece è stata consigliata al 63% delle straniere. Forse – si chiede Istat – perché si ritiene che le straniere abbiano una rete sociale meno solida alle spalle, intendendo dunque la denuncia come un’alternativa al supporto della famiglia. Secondo le stime Istat (2014) ha denunciato solo l’11,4% delle donne italiane e il 17% delle straniere che dichiarano di aver subito violenza. Le persone denunciate per violenza sessuale nel 2016 sono state 7633. 9723 per percosse, 11.425 per stalking e 13.813 sono state le denunce/segnalazioni per maltrattamenti in famiglia. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, i detenuti maschi che sono in carcere per avere commesso violenza sessuale sono 2.977 (di cui 1.828 italiani), per avere commesso stalking 691 (di cui 540 italiani) e 186 (di cui 130 italiani) per percosse.
A questi si aggiungono i denunciati. Per quanto riguarda il reato di stalking, nel 2015 sono state 15.733 le persone adulte iscritte nei registri delle Procure, ma l’azione penale ha avuto luogo per il 51% dei casi. Le condanne sono fortemente cresciute dal 2009 al 2015: 35 sentenze nel 2009, 1.601 nel 2016, di cui 1.309 con condannato italiano e 292 straniero. Per quanto riguarda i maltrattamenti, sempre nel 2015, sono stati 21.305 gli iscritti per almeno un reato e nel 42,5% dei casi si è intrapresa l’azione penale. Le condanne sono passate della 1.320 del 2000 alle 2.923 del 2016. Infine, 6.196 sono gli autori iscritti alle Procure per violenza sessuale per i quali è stata presa una decisione nel 2015, e anche in questo caso la tendenza è all’aumento. Per il 64,1% degli autori italiani iscritti è iniziata l’azione penale per violenza sessuale, mentre nel caso della violenza di gruppo l’azione penale è iniziata nel 41,6% dei casi. Di fatto però le condanne definitive con almeno un reato di violenza sessuale sono cresciute leggermente, dalle 1.124 del 2000 alle 1.419 del 2016.
La cd. “Statistica della paura”, pubblicata a luglio scorso da Istat nel Rapporto SDGs 2018, rilascia informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia e fa riferimento alle prime analisi che propongono un aggiornamento e un ampliamento degli indicatori diffusi per il monitoraggio degli obiettivi dello sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, fra cui il goal 16 che impone di mettere in atto misure per ridurre la violenza, inclusa quella sessuale. Il Rapporto raccoglie informazioni sia sui delitti denunciati dai cittadini presso gli uffici competenti (Commissariati di Polizia, Stazioni dei Carabinieri ecc.), sia sui delitti che le Forze di Polizia accertano autonomamente. Una delle parole chiave di questo sedicesimo goal delle Nazioni Unite è “strong institutions”, istituzioni forti.
Ma quanti vengono realmente puniti dopo una denuncia? A quanto pare in Italia le cose non stanno migliorando granché, o meglio: aumentano leggermente le condanne, ma la violenza sulle donne è stabile e ancora molto diffusa, la percentuale di chi denuncia è bassa e solo per la metà degli iscritti in Procura si avvia un’azione penale. Nel Rapporto – precisa Giuditta Lembo- si parla di quattro aspetti della violenza, che non sono certo gli unici: violenza sessuale, stalking, maltrattamenti in famiglia e percosse e si ricava anche il dato Molise. Nella sezione persone denunciate/arrestate in MOLISE nel 2016, si riportano 63 denunce per violenza sessuale, 80 per maltrattamenti contro familiari e conviventi, 64 per percosse e 82 per atti persecutori. Credo – conclude la Lembo – che a questi numeri non ci sia nulla da aggiungere se non riflettere su come sia necessario incidere ancora di più sulla prevenzione e sensibilizzazione presso le scuole coinvolgendo direttamente gli studenti e le studentesse insieme alle famiglie e ai docenti, non sottovalutando il fenomeno e lavorando in rete sul territorio”.